

O (Ax) = dO (Am)
Equazione impossibile
a cura di marte
da un'idea di Daniele Torcellini
Il testo che ho (ri)scritto per la mostra Equazione impossibile in corso a Ravenna al Mar Museo d'Arte della Città, galleria Ninapì e Planetario, dal 26 ottobre al 10 novembre 2013
STORIA QUASI VERA DEL MOSAICO DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI
E questi due regali signori qui raffigurati, che vedete al centro dei due cortei che stanno alle mie spalle, sono Teodora e Giustiniano, imperatori bizantini, dell'Impero romano d'oriente, uno degli imperi più longevi d'Europa. Hanno circa 1500 anni, sono nati cioè, mosaicamente parlando, intorno al 540 e, se mi permettete una battuta, considerata l’età, non se la passano poi tanto male.
L’artista che li ha realizzati qui in San Vitale a Ravenna - questo mosaico resta tuttora il loro ritratto più famoso e conosciuto dato che le immagini di Teodora e Giustiniano in Costantinopoli furono distrutte dagli iconoclasti, che non solo graffiavano e mutilavano le immagini e le sculture, ma le rompevano proprio del tutto - dicevamo, ehm, scusate, ma credo proprio possa interessarvi un particolare assai curioso e poco conosciuto, vi chiedo quindi un po' d'attenzione, ossia... ecco, bene, dovete sapere che l'autore di questi capolavori non poteva usare pigmenti e colori per via di una strana e rara forma di allergia, anche a quel tempo poco diffusa e che non c'entra nulla con la peste giustiniana che era una cosa dicono, decisamente più grave:
Ecco, qui usiamo un po’ d'oro e ocra e giallo, etciù! Qui serve un tocco di rosso, sì proprio il rosso, etciù, etciù!! Allora usiamo il blu, blu lapislazzuli il più bello e prezioso e profondo e lucente che ci sia, etciù, etciù, etciù!!! avete un fazzoletto per favore?
Lui, l'artista, o l'artigiano sarebbe più corretto dire - bisognerà attendere ancora molti secoli prima che un artista decida di firmare una sua opera - ma scusate stavo divagando ancora, di certo l'autore amava dipingere e questa impossibilità e difficoltà lo disperava; non dormiva più bene alla notte e non riusciva a trovare una soluzione o qualcosa di simile che potesse aiutarlo a superare o aggirare questo terribile inconveniente.
E così si immalinconiva sempre più e, va da sé, che avesse pure messo su una gran brutta cera, tanto che un giorno la sua ragazza gli consigliò di andare alle terme (che erano una specie di piscina pubblica del tempo) per rilassarsi e distrarsi un po’. A lui sembrò una buona idea e decise di seguire il consiglio, comprò le ciabatte (il telo, o asciugamano che dir si voglia, quello lo davano loro) ma, appena prima di entrare in acqua, cadde per terra come svenuto per via del troppo sonno arretrato - quando ci si rilassa succede, e le difese immunitarie si abbassano e ci si ammala e viene la febbre quando potresti finalmente andare al mare – e la sua faccia sbatté violentemente sul pavimento di mosaico e il naso si ruppe…
Quando si svegliò, a parte due cotton-fioc giganti dell'epoca infilati dentro le narici, stava abbastanza bene e l’incontro ravvicinato appena avvenuto con le minuscole piastrelline che decoravano il pavimento, gli fece balenare in mente qualcosa, ovvero l’idea, sì, eccola lì davanti, o meglio sotto i suoi piedi, l'intuizione, quella cosa che tanto aspettava e cercava ansiosamente da mesi ormai:
Ma certo, io posso dipingere con le pietruzze al posto dei colori!
L’invenzione ebbe davvero molto successo e i mosaici di Ravenna diventarono famosi in tutto il mondo; la gente prendeva il cavallo, o la carrozza (non ancora la diligenza del vecchio West che era ancora tutto da scoprire e colonizzare) o, se non ce l’aveva, andava a piedi, per poter vedere i nuovi capolavori di cui tanto si parlava nel bel mondo. Non so come spiegare bene, ma se volevi essere aggiornato sul potere e la sua magnificenza e sognare sulle fantastiche e irraggiungibili vite dei regnanti e dignitari di corte, o se anche solo ti interessavano le storie raccontate per immagini - anche perché non sapevi leggere a dirla tutta - quelle erano le cose da vedere, mica c'erano il cinema o la televisione o i giornali o i fumetti né tanto meno siti o blog di gossip.
Dopo qualche secolo però, la gente come al solito un po’ si stufa e annoia, e i mosaici non appaiono più così moderni o affascinanti o attuali; certo, la gente li va a vedere, ma in modo distratto, più come un dovere, tanto per poter dire che sì, vedi, io ci sono andato a Ravenna in gita... per riportare a casa una foto che testimonia e documenta inequivocabilmente il fatto, come prova inconfutabile che sei stato lì, per i tuoi ricordi futuri; ma però mica li pensa, né tanto meno li studia e di fronte a loro mangia addirittura i panini e beve dalla cannuccia e, se fosse già stato inventato, avrebbero anche parlato forte al telefono cellulare e fatto ascoltare a tutti le loro incredibili e invidiabili e intelligenti e divertenti e strambe e sexy e coinvolgenti e irresistibil-danzerecce suonerie.
A questo punto della storia è indispensabile rivelarvi un mezzo segreto che, credetemi, non racconto a tutti i gruppi, ma voi mi sembrate particolarmente attenti e curiosi e sensibili rispetto alla media: quasi tutte le opere d’arte hanno il dono della parola, alcune dotate di favella più spigliata altre meno ma comunque, solo che possono utilizzarla esclusivamente in casi di estrema e drammatica necessità. E dopo circa 1300 anni di oblio e sguardi annoiati, il caso è veramente eccezionale. Così le figure di pietruzze cominciano a parlare, prima timidamente, sommessamente e quasi di nascosto, poi sempre più spesso e forte, alzando il volume e prendendo coraggio nel petto:
Pss, pssst, hey tu, guardami, sono bella? Ero un'attrice sai... Hai visto i miei gioielli lucenti, gli orecchini, la corona e la collana sbirilucchina? sussurra Teodora ad un distratto visitatore, e poi Giustiniano, un po’ più forte, ad un altro: Sono forte, sono giusto, sono Oriente e Occidente!
Che poi giusto è tutto da vedere, provate a chiederlo a..., ma questo è un altro discorso, interessante per carità, ma ci porterebbe decisamente troppo lontano.
La gente, le persone, subito un po’ spaventate, pensano di essere diventate matte e così fanno un po' finta di niente per non compromettersi. Ma le voci aumentano e il bisbiglio diventa da brusio a vociare di piazza con il mercato. Oramai non si può più tacere su questo fatto, la voce si espande e allarga, corre di bocca in bocca e qualsiasi tentativo di insabbiamento fallisce malamente; vengono chiamati esperti da tutto il mondo che misurano la febbre alle pietruzze. Poi arrivano i preti, i vescovi e i cardinali, e persino i carabinieri a cavallo, l'esercito anche, con confuse regole d'ingaggio secondo alcuni. Ma nessuno giunge ad una conclusione convincente e le teorie si sprecano e avvicendano e smentiscono l'un l'altra.
Finché un giorno arriva un lord, che sarebbe un distinto ed elegante ed anche un po' eccentrico signore inglese (amico pure lui di Lord Byron a quanto pare) che di professione fa il viaggiatore e che, visitando i mosaici quasi parlanti, ha una giusta intuizione; decide infatti di farsi accompagnare in una seconda visita da un suo amico pittore, conosciuto anni prima in un frequentatissimo bistrot di Parigi, un certo Charles Pierre Minet detto Champignon, che lo raggiunge in breve tempo da Vienna dove si trovava in quel momento, ufficialmente, per assistere ad un concerto. Ed eccoli i due amici di nuovo insieme di fronte ai mosaici, ed ecco la sorpresa: Teodora parla e straparla come un fiume in piena:
Lo sappiamo che sei un pittore, facci di nuovo, dai! Ridipingici, magari con vestiti moderni, ombrellino e gonne gonfie a palloncino e intorno natura e verde e primavera e nuvole belle e ombre colorate. E Giustiniano: Anch’io, anch’io, bastone, pipa, cappello e fiore all’occhiello, tutto elegante ed alla moda per un'indimenticabile colazione sull'erba.
Il pittore è ovviamente sorpreso e subito non può che dare la colpa al secondo aperitivo, ma dopo un attimo di imbarazzo si scusa: Non posso più usare le pietrine, nessuno comprerebbe i miei quadri; se fatti con i sassolini peserebbero troppo, e se poi cadono in testa a qualcuno? Non sono neanche assicurato, e poi adesso ci sono i borghesi che hanno case ed esposizioni universali, non basiliche o mausolei o battisteri, ma non lo sapete? No, no e poi ancora no, non se ne parla proprio!
Poi, dopo alcuni minuti di silenzio, imbarazzo e delusione generale, Champignon dice: -Però, a pensarci bene un’idea ce l’avrei...
Siamo circa a metà ottocento e questo oscuro pittore, in anticipo sugli altri di qualche anno, inventa il puntinismo, che è una tecnica pittorica che assomiglia un po’ al mosaico. Si chiamerà a volte puntinismo, altre ancora impressionismo e post-impressionismo, divisionismo, e tra otto e novecento sarà utilizzata da un sacco di pittori, primo fra tutti Seraut, compresi quegli sbruffoni dei futuristi; ma anche le stampe di foto e disegni sui giornali e libri e riviste utilizzano l’invenzione e tecnologia dei puntini.
Più avanti la televisione, i videogiochi e i computer saranno debitori a C. P. Minet detto Champignon. I puntini sono tornati ad essere quadratini e si chiamano pixel e proprio in questi giorni molti pittori dipingono così e anche fotografi scattano e stampano immagini che la bassa risoluzione rende con un effetto svanente e a reticolo (Thomas Ruff ad esempio), e David Lynch c'ha fatto pure un film stranissimo e lunghissimo, che poi adesso la bassa definizione, se ti piace, te la devi quasi andare a cercare in mezzi un po' più obsoleti, mica ti viene così, come obbligata dal mezzo, facile naturale inevitabile.
E prima ancora, anni 80 o giù di lì, c'è Chuck Close che realizza grandi ritratti con pixel-salsicciotti di pittura e Schnabel anche che fa mosaici da sciamano punk con i piatti rotti.
Lode a Champignon!
NB: Quando è stata scritta questa storia non era ancora comparsa l'ultima vulgata vintage di utilizzare quadratini ancora più grossolani e schematici, una definizione dell'immagine a scalini che assomiglia al punto e croce del ricamo e che cita un po' nostalgicamente le risoluzioni e rappresentazioni dei primi videogiochi e computer degli anni 70 e 80.
Oggi questi quadratini ci sembrano quasi artigianali, improbabili ed esotici, come dotati di un calore e umanità perduta, simbolici iconici ieratici. Chissà cosa ne penserebbe l'arcivescovo Massimiano.


Due degli artisti in mostra: Sergio Policicchio e Giulia Ricci

